Alcune tra le più importanti banche centrali del mondo hanno aumentato i tassi di interesse (o dichiarato di volerlo fare), nonostante le incerte previsioni sull'inflazione suggerirebbero di procedere con più cautela.
L’incremento dei tassi si traduce in un aumento dei risparmi (che diventano più remunerativi) e, quindi, in una riduzione dei consumi. Ma il livello dei prezzi si muove verso l'alto con (troppa) lentezza.
La Banca d'Inghilterra ha alzato i tassi di interesse la scorsa settimana, anche se il Governatore Mark Carney si è detto preoccupato per una possibile hard-Brexit. La Banca del Giappone mantiene un massiccio programma di stimolo a fronte di una debole dinamica inflattiva. La Bce, spaventata dal neo-protezionismo, sta per concludere la sua politica espansiva attraverso il quantitative easing - a dicembre il Qe avrà raggiunto il livello di 2,6 trilioni di euro - e ha già annunciato che ad ottobre 2019 aumenterà i tassi.
Il tasso di riferimento nell'eurozona è al minimo storico dello 0,4% e l'inflazione ha cominciato a salire. Ma Draghi sa che l'incremento è perlopiù dovuto alla crescita del prezzo del petrolio. Nonostante ciò, la Bce conferma il piano di uscita dagli acquisti netti di titoli a partire da gennaio, anche se "il Consiglio direttivo ha confermato che un ampio grado di accomodamento monetario è ancora necessario" per spingere i prezzi difronte ad una ripresa dell'economia che prosegue ad un ritmo più lento. È quanto si legge nell'ultimo bollettino della Bce, dove si spiega che "i consumi in Italia e in Spagna non hanno ancora evidenziato una completa ripresa, mentre in Germania e Francia sono di circa il 10% più alti rispetto al periodo pre-crisi".
Tre delle principali banche centrali al mondo hanno, quindi, ritoccato i tassi al rialzo (o annunciato di volerlo fare) nonostante le condizioni macroeconomiche. Infatti, l’inflazione resta ancora troppo bassa.
E allora perché far salire i tassi? Dopo dieci anni a livelli bassissimi, in un momento nel quale gli equilibri economici mondiali sono sempre più messi in duscussione, i governatori delle banche centrali hanno in realtà due (buoni) motivi per accrescere i tassi. Credono che la ripresa economica globale possa prima o poi riaccendere i prezzi al consumo. Ma sopratutto temono di non poter ridurre i tassi qualora dovesse giungere una nuova recessione.
C'è, in realtà, un terzo motivo. L'impressione è che la maggior parte dei banchieri centrali delle economie avanzate abbia accettato, senza però volerlo ammettere pubblicamente, che un obiettivo di inflazione del 2% è difficile da raggiungere su una base duratura in un mondo globalizzato e digitalizzato. Che sia tutta colpa di Amazon?