Il tasso di cambio cinese è di nuovo in una zona di incertezza dopo che lo yuan si è indebolito a partire dalla seconda metà di aprile. Ha, poi, perso il 3% sul dollaro da inizio giugno, raggiungendo così il livello più basso dallo scorso 28 dicembre, quando era al 6,62.
La forte perdita di fiducia nella valuta cinese può essere in parte legata ai timori di una guerra commerciale. Ma i segnali di indebolimento della domanda interna sono numerosi da mesi e sono stati confermati dai dati sugli investimenti fissi, sulle vendite al dettaglio e sulla produzione industriale, tutti peggiori del previsto.
Un segnale positivo proviene dal settore immobiliare. Ma non è il solo. Contribuisce a sostenere la domanda di yuan anche l’avanzo di conto corrente, che però si sta visibilmente riducendo. Nel 2018 le importazioni sono cresciute più dell’export: rispettivamente, 26 e 12%. E a maggio 2018 l’avanzo commerciale è sceso sotto i 25 miliardi di dollari, rispetto agli oltre 40 nello stesso mese dello scorso anno.
Questo, però, non deve far pensare che Pechino voglia attuare una svalutazione competitiva. I legami tra tasso di cambio e interscambio commerciale non sono più forti come un tempo: l’elasticità delle esportazioni al tasso di cambio è diminuita negli ultimi quindici anni. E poi le esportazioni, soprattutto nei settori avanzati e high tech, contengono molti beni intermedi importati, ragion per cui il guadagno di competitività di una svalutazione rischia di essere vanificato dal contestuale aumento del costo delle importazioni.
Si potrebbe, tuttavia, obiettare che ridurre la dipendenza dalle importazioni di beni intermedi tecnologici è un obiettivo del governo cinese che vorrebbe incrementare il valore aggiunto nazionale. Da questo punto di vista, un cambio debole crea un sistema di incentivi coerente.
Per ora, però, vi sono molti più motivi per preferire uno yuan più forte, ed è per questo motivo che la banca centrale cinese non sta pianificando una svalutazione. Di certo, oggi i tempi di reazione delle autorità monetarie cinesi sono più lunghi e le misure meglio calibrate. La politica monetaria sta diventando più raffinata.