La visita di Trump ha permesso alle autorità cinesi di annunciare l’apertura del settore finanziario ai capitali esteri. L’obiettivo è arginare la sfiducia delle banche straniere nelle riforme finanziarie.
Infatti, nel momento in cui la seconda economia del mondo, ovvero la Cina, si candida a diventare un polo finanziario con ambizioni globali, l’atteggiamento negativo degli istituti bancari esteri verso le riforme cinesi non è un bel segnale. E soprattutto è all’origine del forte deflusso di capitali che ha contribuito al deprezzamento dello yuan, quest’anno a un minimo storico rispetto al dollaro.
Ecco, quindi, che una maggior apertura alle acquisizioni e partecipazioni estere diviene indispensabile per bilanciare lo squilibrio tra i flussi in entrata e quelli in uscita.
È finito il tempo in cui uno yuan debole serviva all’obiettivo di tenere elevate le esportazioni, ora a Pechino serve una moneta forte per evitare la fuga di capitali, esteri ma soprattutto cinesi.